Non sono una sua fan, ma probabilmente non c’è bisogno che io - o tu - lo sia. Lei sta raccontando la nostra storia anche se noi non stiamo prestando ascolto.
Come succedeva nei tempi migliori della mia vita (quelli in cui il “digital” non esisteva), al fenomeno musicale e culturale del momento non mi hanno avvicinata gli articoli di giornale, i social, le notizie di gossip: ci hanno pensato le amiche. Persone in carne e ossa che mi hanno raccontato cos’è quel fenomeno per loro. Sì, perché fino a ieri per me Taylor Swift era un mistero, un fenomeno - appunto - di cui capivo proporzioni e importanza ma che non sentivo mio, un “argomento” della pop culture americana da studiare - e, se Pop Corn fosse ancora attivo, sicuramente raccontare - ma a cui non potevo partecipare personalmente.
Fino a quando non mi sono fatta guidare dalle parole. Delle amiche, come dicevo, ma anche della stessa Taylor, un territorio comune in cui mi sono sentita a casa, in modo anche piuttosto entusiasta: perché le sue parole, le parole delle sue canzoni sono vicine alla poesia, e la poesia è letteratura.
Oggi Sogni Americani ospita una di queste amiche e lo fa proprio con un focus sulle lyrics, sulle parole e sui versi della cantautrice, prima ancora che sul “fenomeno Taylor”: Elena Refraschini, insegnante di lingua inglese-americana, scrittrice, viaggiatrice e profonda conoscitrice della cultura degli Stati Uniti, ci accompagna dentro le pagine e le ere di Swift, svelandone la potenza, il racconto di una certa americanità e la poeticità. E ci presenta anche un suo progetto legato a Taylor Swift, con tanto di regalo (quindi leggi fino alla fine)!
La ringrazio davvero di cuore e ti invito a mollare ogni ormeggio e farti trasportare: vale sempre la pena entrare nelle passioni degli altri, è così che diventano anche le tue. E, a proposito di passioni, dopo l’intervista a Elena c’è una bella novità targata Texas. Buona lettura!
PS: se poi senti che non è abbastanza, regalati una mezz’oretta qui, ne vale la pena.
1. La cosa che so per certo di Taylor Swift è che lei è per la sua fandom ciò che Springsteen è per la propria: una interprete di vita, una compagna di avventure, un'artista che ha una canzone per ognuna delle storie e dei sentimenti di chi la ascolta. Chi è per te TS?
È proprio così! E mi dispiace che la fandom di Taylor Swift abbia una brutta reputazione (non del tutto immeritata talvolta), perché in realtà il rapporto simbiotico tra questa artista e il suo pubblico è tra gli elementi più importanti per provare a capire il “fenomeno Taylor”. Moltissime persone che hanno oggi tra i 30 e i 40 anni sono cresciute con lei: alle scuole superiori avevano ascoltato in radio la voce di una giovanissima cantante country che, ben lontana dall’essere l’artista che tipicamente si associa al genere quindi maschio bianco cisgender di mezza età, cantava dei loro stessi problemi e dei loro stessi sogni. E così ha continuato a fare per i vent’anni successivi: basta sollevare il velo del gossip per vedere che l’incantesimo messo in atto da Taylor si basa non sui suoi partner, ma sulla sua capacità di raccontare storie con un vocabolario emotivo così ricco e sfaccettato che chiunque può ascoltarla e trovarci qualcosa di sé. Ritorno sempre a due versi quando voglio raccontare di quanto fosse matura e in grado di raccontare il suo mondo interiore, sin da molto giovane. C’è una canzone dal suo terzo album che ha scritto quando aveva 19 anni che inizia con questa strofa: Long were the nights when my days once revolved around you / Counting my footsteps praying the floor won't fall through again. La canzone riguarda la relazione con una rockstar che al tempo era molto più grande e famosa di lei e da cui si sentiva manipolata, e sarebbe potuto essere un puro esercizio di vendetta a favore di telecamera. Invece le parole che sceglie ci svelano un periodo passato nel terrore di fare un passo falso e cadere nel vuoto, perché le regole del gioco sono decise da qualcun altro e cambiano di continuo. Questa è una sensazione che, credo, tutti e tutte abbiamo provato almeno una volta nella vita – anche senza aver mai frequentato una famosa rockstar. Ecco, questa capacità di verbalizzare il suo mondo interiore non ha fatto che affinarsi negli anni e credo che per questo continuerà a essere tra le migliori songwriters all’attivo oggi.
2. Ci fai un ritratto di Taylor Swift in 5 sue canzoni?
Visto il luogo in cui ho l’onore di essere ospite, non posso che selezionare alcune tra le sue canzoni più belle dal punto di vista narrativo (che sembra facile da dire ma intanto sono giorni che riscrivo questa risposta).
Parto con All Too Well, la versione lunga dieci minuti inclusa nella ri-registrazione di Red uscita nel 2021. La includo per prima perché racconta una sensazione che ho provato diverse volte nella vita, ovvero l’innamorarsi in autunno: quando “cadono le foglie d’autunno, come pezzi del puzzle che si mettono al loro posto”. Quando ero più giovane e le persone attorno a me si lamentavano del fatto che l’autunno fosse una stagione così piovosa e malinconica non avevo il lessico per spiegare che per me aveva il profumo della natura che disponeva le cose nel modo giusto per permettermi di crescere. Trovare queste parole così, decenni dopo, è stata un’illuminazione quasi taumaturgica: e qualsiasi suo fan vive questa stessa esperienza con una sua canzone. Inoltre la sua performance al Saturday Night Live, nonostante credo non sia tra le migliori a livello vocale, è entrata di diritto nei best pop culture moments di questi anni, con l’Empire State Building che si tinge di rosso per accoglierla sul palco.
Un’altra è ivy, che ci trasporta dal New England autunnale alle grigie brughiere inglesi, tra cottage in pietra coperti d’edera e giardini innevati che nascondono segreti. Inclusa nell’album evermore uscito durante la pandemia, mette in mostra l’amore un po’ dorky che io e Taylor condividiamo per le parole dal sapore antico: si apre infatti con questi versi: How's one to know? / I'd meet you where the spirit meets the bones / In a faith forgotten land / In from the snow / Your touch brought forth an incandescent glow / Tarnished but so grand.
Per rimanere nella fase pandemica della sua produzione, scelgo poi mirrorball inclusa nell’album folklore. Il fulcro della canzone è la metafora che associa la performer alla sfera specchiata delle discoteche, che ha molto da rivelare a chiunque si sia mai trovato a meditare sulla natura del successo e sul rapporto tra l’io pubblico e l’io privato – riflessioni preziose anche per chi lavora con i social, per esempio.
Taglio corto sulle ultime due: Champagne Problems e Death by a Thousand Cuts, perché dimostrano che nessuno scrive dei “bridge” taglienti come lei.
3. Che tipo di America raccontano le canzoni di Taylor Swift, prima ancora che il suo personaggio e il suo peculiare percorso artistico? Credi che abbia a che fare con l'enorme successo che ha avuto?
Decisamente sì. Spero mi perdonerai questa breve premessa: io che mi sono formata sul classico cantautorato americano, da Pete Seeger passando per Woody Guthrie, Dylan e Joan Baez, ho sempre avuto bisogno di trovare nella musica un riflesso della Storia americana, quella con la S maiuscola, che fossero le ballate sugli operai che hanno costruito la ferrovia o quelle dell’era delle contestazioni giovanili degli anni Sessanta. In Taylor Swift non si trova nulla di tutto questo: le poche canzoni che sono state proposte al pubblico come dimostrazione di aperto sostegno a una causa (penso per esempio a You Need to Calm Down in favore della comunità LGBTQIA+) sono secondo me quelle meno riuscite e se vogliamo anche un po’ cinicamente furbette. Sarebbe facile allora liquidare la domanda dicendo che nelle canzoni di Taylor si trova in filigrana la storia più americana di tutte, ovvero quella della ragazza bianca-bionda-magra-ricca che raggiunge l’apice del successo superando ogni ostacolo (nel corso del 2023 è stata nominata Person of the Year dalla rivista Time ed è entrata nella selettiva lista dei miliardari esclusivamente grazie a meriti musicali, in compagnia di Springsteen peraltro).
Questa spiegazione però ignora completamente il lato più collettivo della medaglia e che credo studieremo negli anni a venire: Taylor Swift è diventata portabandiera di una nuova fase nella cultura americana, quella che è stata chiamata la celebrazione della girlhood. Ovvero la messa al centro di tutte quelle esperienze che fino a pochi anni fa non erano prese in seria considerazione perché troppo “da femmine”: ed è un nastro che tiene insieme Swift e Beyoncé, per esempio, ma che passa anche dal film Barbie. L’Eras Tour stesso è una celebrazione di quasi quattro ore di girlhood, con donne, ragazze e bambine che si scambiano braccialetti dell’amicizia in un gesto ritualistico che suggella l’unicità di quell’esperienza condivisa. Give me back my girlhood, it was mine first grida Taylor in una canzone del 2022 dove riflette su quella stessa esperienza di quando aveva 19 anni con cui abbiamo aperto quest’intervista. È un grido che diventa assordante quando cantato all’unisono da altre 60mila persone in concerto e credo sia un’America a cui vale la pena guardare.
4. Non credo sia la prima cosa che viene in mente osservando il "fenomeno Taylor Swift", ma questo rende ancora più interessante la cosa: tu hai individuato un legame tra le canzoni di TS e la poesia. Ce ne parli? In che senso lo intendi?
Taylor Swift ha sempre dichiarato, sin dagli inizi della sua carriera, che ciò che era importante per lei erano i testi delle sue canzoni. Quando si è cominciato a parlare molto della sua vita amorosa, ha dichiarato da qualche parte che “se stanno a cercare indizi nelle mie canzoni per scoprire chi le ha ispirate, beh, almeno stanno prestando attenzione ai testi”. Sappiamo che è lì che va tanto del suo lavoro di cesello e mi piace celebrarlo. Per quanto riguarda il legame con la poesia, è sempre Taylor che dirige il nostro sguardo in quella direzione: per esempio rilasciando evermore, il suo album più complesso dal punto di vista lirico, nel giorno del compleanno di Emily Dickinson. O facendosi ispirare per the lakes ai Lake poets come Wordsworth (nominandolo attraverso un furbo gioco di parole: What should be over burrowed under my skin in heart-stopping waves of hurt / I've come too far to watch some namedropping sleaze tell me what are my words worth).
5. In quale mondo letterario americano inseriresti Taylor Swift e la sua scrittura? Ci fai qualche esempio?
La sua scrittura tocca in effetti diversi topoi che possono essere ricondotti ad altrettanti mondi letterari: l’inizio della sua carriera si muove nel mondo country, con tutte quelle strade polverose, i pick-up e le cittadine di provincia (ci delizia anche con un adorabile finto accento Southern, che Taylor non potrebbe avere perché nata in un piccolo paesino della Pennsylvania). La sua traiettoria segue poi quella di tantissimi altri Americani che si spostano dalla campagna alla città, trovando da una parte un luogo scevro da pregiudizi e dove chiunque può reinventarsi (tutto l’album 1989 è un’ode a New York e al suo potere liberatorio), ma dall’altra guadagnando anche la maturità necessaria per guardare con nostalgia alla vita che si è lasciata alle spalle. Sono tutte esperienze di radicamento e sradicamento che riecheggiano in buona parte della letteratura americana, da Fitzgerald a Kerouac, da Updike a Joyce Carol Oates.
6. Il 13 aprile comincia uno dei tuoi Americanini - mini-corsi di lingua e cultura americana a distanza - proprio sul lyricism di Taylor Swift: a te la parola, allora, per chiudere questa intervista con tutti i dettagli del progetto e il regalo dedicato a chi ci legge.
Esatto! fanTAYstic sarà un laboratorio linguistico di tre mesi in 13 tappe alla scoperta della scrittura di Taylor Swift, con il contributo – nel mese dedicato alla poesia negli Stati Uniti – di alcuni grandi poeti e poetesse americane. È pensato per chi vuole leggere la musica, non solo quella di Swift, in modo più profondo e consapevole grazie allo studio di strumenti retorici come le metafore o le collocazioni. Per chi volesse saperne di più, può trovare più informazioni qui. Il 3 aprile terrò anche un webinar gratuito di presentazione del progetto, che è qualcosa di molto innovativo: chi vuole può iscriversi tramite questo link. Inoltre, ho dedicato uno sconto speciale alle persone che ti leggono sempre con affetto. Inserendo qui il codice sconto “MUSA” avranno diritto ad acquistare il corso con il 15% di sconto, valido fino a sabato 30 marzo.
Non è necessario conoscere Taylor Swift come artista per partecipare, ma sono abbastanza certa che ora della fine del laboratorio qualcuno si scoprirà un novello Swiftie!
Grazie per avermi dato questo spazio, che spero di aver occupato con la delicatezza e la profondità che vi infonde sempre la sua padrona di casa. ❤️ un abbraccio grande!
Il Texas torna a Ivrea
In una versione totalmente rinnovata! Il 20 e 21 aprile la libreria Azami di Ivrea ospiterà il mio nuovo corso di letteratura e cultura americana dedicato al Texas.
Il Texas di oggi è unico e universale: se da un lato continua a esprimere una fortissima identità e a nutrire un orgoglio del tutto personale, dall'altro contiene e riflette tutti i più significativi elementi dell'America contemporanea. Il confine, il cambiamento climatico, la polarizzazione politica, il progresso tecnologico, la ridiscussione dei diritti civili, l'integrazione razziale, l'imperialismo: attraverso dieci libri, duecento anni, due fusi orari, migliaia di chilometri e decine di storie d'attualità andremo nei luoghi e tra le persone che questi temi li hanno fatti propri e raccontati.
Spoiler: ci sarà Larry McMurtry, non ci sarà Cormac McCarthy (e c’è un motivo per questo, che vi racconterò tra qualche newsletter); il programma conta 6 libri che non ho ancora mai trattato, da nessuna parte; andremo a Dallas e Houston, oltre che a Austin; ci sarà un’ospite speciale, che per l’occasione ha pubblicato il suo nuovo album (senza nessuna rivalità con l’altra grande ospite di questa newsletter).
Ci sono solo 20 posti. Per info e iscrizioni, questi sono tutti i contatti della libreria: azamilibreria@gmail.com, 339 6051492 oppure 0125 225780.
Grazie per avermi seguita fin qui oggi, come avevo promesso marzo è stato un mese più leggero dei precedenti. Ci sentiamo tra due sabati, direttamente dagli Stati Uniti, con un reportage da… 🤐