Si dice che oggi gli Stati Uniti siano profondamente divisi e che le due fazioni politiche non solo siano molto arroccate sui propri principi, ma fomentino anche odio e risentimento l’una verso l’altra. È vero. Ma non è una caratteristica esclusiva dei nostri tempi. C’è stato almeno un altro momento della storia americana in cui si respirava più o meno la stessa atmosfera e quel momento era la fine degli anni Sessanta: la guerra in Vietnam, la guerra fredda, la contro-cultura e gli omicidi di Martin Luther King Jr. e Robert Kennedy avevano incendiato le posizioni e le opinioni degli Americanə, ponendoli spesso in netta contrapposizione gli unə contro gli altrə. Proprio come accade oggi, inoltre, questa contrapposizione non coinvolgeva soltanto le città, teatro privilegiato di scontri e manifestazioni, ma anche i piccoli centri di provincia, i luoghi più lontani e remoti dove sembrava impossibile che potesse arrivare l’eco di eventi così lontani.
Eppure, è proprio in uno di questi piccoli paesini di montagna che tale divisione diede origine a una delle storie più bizzarre e incredibili, da un lato, della politica americana e, dall’altro, della letteratura americana. Protagonista assoluto di questa storia, nonché unico uomo capace di tenere insieme in maniera così folle entrambi i lembi della politica e della letteratura del tempo fu niente meno che il leggendario Hunter S. Thompson, lisergico fondatore del cosiddetto gonzo journalism nonché autore di Paura e disgusto a Las Vegas (da cui il celebre film con Johnny Depp e Benicio Del Toro).
In quegli anni Thompson viveva a Woody Creek, una frazione di Aspen, cittadina arroccata sulle montagne del Colorado che, prima di diventare la famosissima roccaforte dello sci che oggi conosciamo, era una placida comunità di poche centinaia di abitanti che stava cominciando ad attrarre dal resto del paese qualche hippy e altre persone che, come lo stesso Hunter, volevano vivere in pace immerse nella natura. Una situazione all’apparenza tranquilla, quindi, che però nel giro di qualche anno cominciò a rispecchiare pericolosamente quella della nazione intera: i padroni originari delle case di Aspen non vedevano di buon occhio l’arrivo di questa nuova gioventù, questa nuova gioventù introduceva nella comunità abitudini ai limiti della legalità. Accanto a questo contrasto tra conservatori e progressisti, nella contea di Woody Creek e Aspen avvenivano stravolgimenti che ad Hunter Thompson non piacevano affatto, primo tra tutti il boom edilizio: stavano trasformando il suo rifugio sui monti in una disgustosa distesa di cemento. E, per di più, chi si doveva prendere cura dell’ordine e dello sviluppo di questi centri si era rivelato del tutto incompetente. Era ora di cambiare sceriffo.
Fu così che nel 1970, per una serie di rocambolesche coincidenze che puoi spassosamente leggere qui se questa storia ti appassiona, Thompson - lo scrittore più sovversivo del panorama culturale americano, ma direi anche mondiale - si candidò per diventare sceriffo della contea di Pitkin, proclamandosi indipendente (quindi non repubblicano né democratico) e intraprendendo la campagna che lui stesso battezzò Freak Power (volendo chiaramente ricalcare il flower power del tempo ma aggiungendovi quel pizzico di stranezza e strafottenza in più). Il programma elettorale? Legalizzare la marijuana ma punire gli spacciatori (l’acquisto doveva avvenire senza scambio di denaro), trivellare l’asfalto delle strade e sostituirlo con erba dei prati, cambiare nome ad Aspen e chiamarla Fat City, città grassa, per dissuadere gli investitori dal comprare case e stabilimenti da quelle parti.
Per quanto questa storia sembri assurda e in parte lo sia, Hunter arrivò molto vicino alla vittoria (perse per soli 31 voti), Woody Creek attrasse a sé personalità sempre più istrioniche (Johnny Depp su tutte, ma questa è una storia che magari racconterò un’altra volta) e, soprattutto, a beneficiare di questa candidatura furono in primis l’arte e la cultura. Sulla giovanissima rivista (allora) alternativa Rolling Stone, Thompson pubblicò un lungo reportage intitolato The Battle of Aspen, la grafica e il materiale promozionale realizzato per la campagna elettorale fece la storia del genere (come racconta e mostra questo articolo del New York Times e la foto qui sopra) e, in ultimo, solo un paio di anni fa due registi americani (Daniel Joseph Watkins e Ajax Phillips) hanno messo mano all’archivio video-fotografico di quelle elezioni e ne hanno tratto un documentario che partiva da Aspen per raccontare le divisioni dell’intera America. Chiudendo così il cerchio da cui siamo partitə anche noi oggi.
Questa è una delle storie più travolgenti e curiose che riguardano il Colorado, una storia che rivive tra le pareti della Woody Creek Tavern, la taverna del posto frequentato da Hunter all’epoca nonché da tutti i suoi amici ed eredi (tra cui anche i Book Riders, ovviamente). Da sola, tuttavia, questa storia non è sufficiente a raccontare questo stato che, al contrario, si compone e si definisce proprio nella molteplicità delle sue storie e delle sue voci. Ecco perché oggi, accanto a questa, ti consiglio altri 5 libri, decisamente complementari e interessanti per conoscere il Colorado.
Sabrina&Corina, splendida raccolta di racconti della scrittrice Kali Fajardo-Anstine (di cui da poco è uscito l’anticipatissimo primo romanzo, il libro che mi ha fatto definitivamente scegliere il Colorado come destinazione dei Book Riders 2022), narra una Denver super contemporanea attraverso la vita di numerose protagoniste femminili e latine, proprio come è oggi gran parte di questa città;
Shining, il celebre romanzo di Stephen King è nato allo Stanley Hotel ed è ambientato in questa parte delle Rocky Mountains;
Aspetta primavera, Bandini, il primo romanzo di John Fante, racconta gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza di Arturo Bandini, alter ego dell’autore, nella comunità italoamericana di Boulder.
BlackkKlansman, la storia vera del primo agente di polizia afroamericano, infiltratosi in un gruppo di Ku Klux Klan di Colorado Springs grazie a uno scambio di identità con un collega bianco. Il libro fu scritto dallo stesso poliziotto Ron Stallworth, Spike Lee ne ha tratto un bel film.
Lions, ambientato in piccolo paesino sperso in un altopiano arido e deserto del Colorado, il romanzo di Bonnie Nadzam racconta la storia di una coppia di giovani sul crinale tra senso di appartenenza e bisogno di fuggire. Uno dei miei preferiti.
Ovviamente ci sono anche la Trilogia della Pianura e gli altri romanzi di Kent Haruf di cui ho parlato nella scorsa newsletter. Last but not least, due storie da ascoltare: quella di Buffalo Bill, eroe nazionale sepolto sull’altopiano che guarda la capitale Denver, e quella che si intitola semplicemente Destinazione Colorado e ha delle musiche bellissime.
Grazie per avermi letta fin qui oggi! Come avrai notato in questa newsletter non c’è la versione audio: è un’eccezione, dovuta al carattere frammentato di questa storia. Ci risentiamo (letteralmente) tra due settimane ♡
In tutti i luoghi dove sono ambientati questi libri noi ovviamente andremo! Ma sono rimasti pochissimi posti, sali a bordo.