Ciao! Oggi Sogni Americani parla di libri. In particolare, di generi e temi che per un sacco di tempo hanno subito una grande semplificazione, questa: erano destinati soprattutto a uomini e raccontavano quasi soltanto di uomini, escludendo così, a priori, il pubblico femminile e relegando i personaggi femminili a ruoli accessori o di secondo piano, vacui. Questi libri erano i western. Non solo nell’accezione epica del genere che tradizionalmente raccontò l’esplorazione e la conquista americana del West ma anche in quella più larga della narrativa che nei secoli (e in parte ancora oggi) ha messo al centro la relazione tra individuo e spazi dell’esplorazione e della conquista.
Primo fra tutti il deserto.
Quale luogo, infatti, si presta più facilmente alla negazione del femminile, quando questo viene stereotipicamente associato alla fertilità, la cura, le radici, la famiglia? Un deserto è arido, sterile, inospitale, solitario: cosa può farci una donna là in mezzo? Come può, addirittura, sceglierlo per portare a compimento nient’altro se non se stessa?
Una premessa, anzi due: questo breve percorso narrativo è - come sempre quando ne propongo di simili - uno fra molti. Ho scelto alcune opere e ne ho lasciate fuori altre, mi piace pensare che tu possa aggiungerne ancora sulla base della tua esperienza passata e futura (i commenti a questa newsletter, tra l’altro, sono aperti, nel caso volessi segnalare altre storie, provenienti anche da altri contesti - penso alle serie tv, ad esempio). Questo che stai per leggere o ascoltare, inoltre, è il “compendio” di un ciclo di tre lezioni che terrò alla Grande Invasione di Ivrea il 31 maggio e 1-2 giugno. Parlerò degli stessi libri, ovviamente in maniera più estesa e completa: ho voluto riproporlo qui perché so che il tema genera interesse. Per maggiori info sull’evento puoi andare qui, le iscrizioni sono ancora aperte.
Vorrei cominciare da un uomo e dalla sua idea di western. Vorrei andare per gradi. Quell’uomo, quell’autore straordinario che ha tolto il West dalla dimensione del mito e l’ha messo in quella dell’umano è Larry McMurtry. Non credo ti stupisca: ho già parlato tantissimo di lui e dei suoi due romanzi più belli, proprio quelli da cui partiamo oggi, Lonesome Dove (1985) e Strade di Laredo (1993). Partiamo da questi testi perché, nelle pagine in cui per la prima volta sono stati resi imperfetti e ben poco eroici gli uomini (quindi, più largamente, sono stati liberati dalla propria mascolinità tossica in favore di emotività e personalità di più ampio spettro), hanno trovato spazio - tanto spazio - figure femminili complesse, sfaccettate, dinamiche, anch’esse imperfette e molto protagoniste. Clara (in Lonesome Dove il capitolo più lungo di tutto il libro - pensa - è proprio quello dedicato a lei e alle sue scelte sofferte), Lorena (è lei la vera protagonista di Strade di Laredo), Elmira (un personaggio talmente moderno e inafferrabile da rigettare il figlio appena nato, un uomo che la ama, una realtà stabile che però non può godersi), Maria (madre odiata dal figlio, donna stuprata dai propri amanti, la sua capacità di amare e allo stesso tempo di punire fa impallidire qualsiasi vecchio eroe ed eroina): nei due romanzi di McMurtry queste donne sono solitudine, forza, ingegno, intraprendenza, indipendenza, capacità di sognare, potere. Tutte cose che fino ad allora nella tradizione western (ma non solo) erano degli uomini.
Cosa succede, allora, quando a portare avanti gli stilemi e le dinamiche del genere western ci pensano le donne? Propongo di rispondere con tre romanzi, questa volta scritti da donne e con protagoniste che incarnano volutamente gli stereotipi di questo genere letterario ma altrettanto volutamente li rovesciano: Entroterra di Téa Obreht (2019), Fuorilegge di Anna North (2021) e Le spietate di Claudia Cravens (2023). Nei territori sterminati, pericolosi e vibranti di mistero dell’Arizona, della California, del Texas e di tutto il selvaggio West in generale, le donne di queste storie vivono nelle stesse condizioni difficili in cui vivevano i loro corrispettivi maschili ma, invece di fermarsi dentro i confini dei ruoli ritagliati per loro dalla trama western che pure rimane molto codificata (la moglie, la madre, la puttana, la levatrice, la saggia, l’indifesa e così via), li sfondano. Li complicano. Si ribellano. Si scrollano di dosso degli abiti che si rivelano presto stretti e riscrivono il destino proprio e dell’intero genere letterario, che così si rivitalizza. Se Nora, la protagonista di Entroterra, ci insegna ad amare i cammelli e con loro la magica spietatezza del deserto, Ada diventa la fuorilegge femminista che un po’ tutte vorremmo essere state almeno una volta nella vita mentre le prostitute che Cravens rende spietate sono anche una sana fonte di intrattenimento e avventura. Non mi sembra affatto poco.
Un salto ulteriore che libera completamente le donne dai loro ruoli e le avvicina a un rapporto decisamente più intimo e inedito con gli spazi desertici del West è lo sgretolamento vero e proprio della “scatola” western. O, meglio, l’utilizzo rivoluzionario e decostruito dei luoghi che una volta venivano usati per ambientare le storie western - il deserto appunto - per farne spazio dell’io, dell’autodeterminazione, della spiritualità autoctona e dell’espressione senza freni, anche folle, perché no. Concludiamo il nostro percorso, quindi, con le protagoniste di Donna di luce di Kali Fajardo-Anstine (2022), Death Valley di Melissa Broder (2023) e Antropologia del turchese di Ellen Meloy (2003). Due romanzi i primi, raccolta di saggi e reportage il terzo, come unico comune denominatore hanno il senso di vita che scaturisce dalla loro conoscenza del deserto e la scomparsa di qualsiasi associazione tra deserto e morte, solitudine, erosione, aridità. Nella completezza e nella potenza degli elementi del Territorio Perduto c’è la rivendicazione ancestrale delle donne native e latine, come traspare di generazione in generazione fino alla Denver dei giorni nostri nella storia di Fajardo-Anstine; nella Death Valley e nel deserto del Mojave, invece, ci sono la fuga e il rifiuto della cura dei propri cari da parte della protagonista che tuttavia al deserto non riesce ad abbandonarsi senza l’aiuto di droghe, rimedi New Age, social network, scrittura; infine nei canyon e sugli altopiani del Colorado e dello Utah Ellon Meloy studia la luce, i colori, la materia, l’essenziale che è tanto visibile agli occhi quanto trasferibile all’anima della sua persona e, magari, del mondo intero come una mappa di casa (lo dice splendidamente Sara Reggiani nel video qui sotto).
Il mio libro, Sparire qui, termina proprio con una citazione di Antropologia del turchese e la speranza di poter ereditare da queste storie di donne e deserti del West la stessa scintilla di completamento e consolazione personale delle protagoniste. Mi auguro che una cosa del genere sia successa anche a te oggi con questo breve percorso fatto insieme. Grazie.
Cose belle da recuperare
La mia socia Valeria Sesia ha dedicato l’ultima newsletter Mac&Cheese della membership per abbonati e abbonate a Bad Bunny, l’artista che attraverso il raggaeton e il pop sta rivoluzionando il discorso pubblico (e anticoloniale, visto che si tratta di un territorio statunitense) su e di Puerto Rico. Il suo ultimo album - io lo ascolto tutti i giorni da quando è uscito, lo trovo straordinario! - è un manifesto politico, che non rinuncia al sensuale, al giocoso, al ballo e alla strada quando fanno comunità e creano identità.
C’è poco da ballare a Midland in Texas, invece. Puntatona di Miglia per raccontare la capitale occidentale del petrolio, insieme a un reportage e a una serie tv di grande qualità uscita da poco, che magari hai già visto: Landman.
Austin, la capitale vera e propria del Texas, invece, è la città americana che è cambiata più di tutte nella storia degli Stati Uniti. L’ho raccontato sabato scorso dal vivo al Circolo Quarto Stato di Cardano al Campo, usando 3 storie che ho raccolto nel carosello qui sotto, insieme ad alcune considerazioni e immagini.
A Santa Fe c’è stata la Native Fashion Week: un commento.
Grazie per avermi seguita fin qui oggi, ci sentiamo tra due sabati con Sogni Americani ma anche l’ultimo sabato di maggio per il terzo numero del Monthly. Ciao!
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