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La prima casa che Carver ricorda
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La prima casa che Carver ricorda

A Yakima, la Palm Springs di Washington che chiaramente non lo è

Nel 1985, tre anni prima di morire, Raymond Carver, lo scrittore che in Italia veneriamo per i racconti brevi ma che sulla tomba è chiamato per prima cosa poeta, tornò a Yakima. Modesta cittadina delle campagne agricole dello stato di Washington, Yakima era stata la casa della sua giovinezza dai 3 ai 19 anni, finché non si era sposato e la povertà non lo aveva sospinto (ma sarebbe meglio dire obbligato) verso la California. Aveva ambientato a Yakima Di’ alle donne che usciamo, uno dei suoi racconti più oscuri e violenti, e adesso, dopo quasi trent’anni da quando l’aveva lasciata, qualcuno voleva trarre un film da quel racconto. E aveva bisogno di più dettagli: Carver ci tornò quindi alla ricerca di sfondi. Ma a quella visita successivamente ne seguirono altre due: il raduno della sua vecchia classe del liceo e il libro di Bob Adelman, l’amico fotografo che gli chiese di ripercorrere i luoghi della propria vita affinché lui li potesse fotografare e ricomporre in una geografia tanto letteraria quanto realistica. Tanto individuale quanto collettiva. La Carver Country.

In quell’occasione Raymond a Yakima non tornò di persona, però. Gli erano bastate le due volte precedenti. Al suo posto decise di far parlare il ricordo.

È vero! Non è più il 1987, ma dal 2016 a oggi sono passata a quell’indirizzo 4 volte e 4 volte è andata così: la strada oggi è asfaltata, al posto dei lavoratori poveri della Virginia o dell’Arkansas (da cui era arrivato il padre di Carver) ci sono gli immigrati provenienti dal Sud America ma il quartiere resta poverissimo e chi vi abita non gradisce per nulla le visite di chi arriva da fuori. Se Carver in Vita di mio padre racconta con vergogna di aver avuto il bagno fuori dalla casa, oggi nei rifiuti, nei pezzi di ricambio, nei giocattoli, nei divani disfatti sparsi attorno a quell’edificio e a tutti gli altri della zona possiamo ritrovare lo stesso degrado e la stessa miseria. Degrado e miseria che mal tollerano una macchina fotografica e tanto meno un’intrusione da parte di chi va a omaggiare un uomo e un artista che queste persone non hanno mai neanche sentito nominare.

Yakima per loro non è un luogo della Carver Country. Yakima per loro è casa, è lavoro, è futuro ma anche sfruttamento, è agricoltura, un orizzonte di fatica circondato da montagne desertiche su cui d’inverno cade la neve e d’estate l’erba sembra paglia, un nome dato dai nativi americani, diventato sinonimo di mele e frutta, da anni benedetto da un cartello tanto surreale quanto carico di un ostinato senso di appartenenza. Questo.

Palm Springs in California e Yakima in Washington sono diverse come sono diverse la ricchezza e la povertà. Il quartiere più benestante della seconda potrebbe non essere altro che una scomposta periferia della prima; l’ingresso trionfale tra locali di lusso e alberghi glamour che si compie nella prima non potrebbe mai essere un termine di paragone per la miseria che si percepisce entrando nella seconda: campi agricoli disseminati di capannoni e attrezzi, persone senzatetto, motel decadenti, sudicie rivendite d’auto, fast food, benzinai sgangherati e grandissimi centri commerciali, tutto questo racconta agli occhi di chi viene da fuori una storia sospesa tra modestia e disperazione che non sembra tanto distante da quelle che raccontava Carver più di 40 anni fa.

Nel suo libro Bob Adelman queste storie le ritrae perfettamente (puoi guardare con i tuoi occhi qui): uomini che lavorano in segheria fino a consumarsi le mani, donne che inscatolano mele, coppie di anziani seduti su divani modesti di case ancora più modeste, bicchieri d’alcol, mozziconi di sigaretta, pescatori, locali desolati. Sono gli uomini, le donne e gli spazi in cui viveva e di cui scriveva - lo dicevo un attimo fa - Raymond Carver, che infatti accompagna le foto con stralci dei suoi racconti e delle sue poesie; ma sono anche gli uomini, le donne e gli spazi che in tutti questi anni non sembrano essere cambiati affatto. Sono cambiate le insegne dei bar e dei ristoranti, è arrivata la sede di Walmart e di tanti altri centri commerciali, molti general stores e mom-and-pop cafes oggi si chiamano taquerias o deli, il bianco non è più il solo colore dominante, ma tutto il resto, quell’orizzonte esistenziale che sembra combaciare così perfettamente con lo spazio ristretto e remoto in cui giace la stessa città di Yakima, è esattamente lo stesso.

Ho sempre pensato che i racconti di Raymond Carver, uno dei miei primissimi approcci alla letteratura americana nonché uno dei miei innamoramenti letterari più duraturi, fossero dei veri e propri quadri di vita tratteggiati soltanto nei contorni: niente colore, niente trucchi (e questa è una sua citazione), niente sofisticazione di alcun genere. Se Bob Adelman ha dato a questi quadri una collocazione geografica e umana, se Yakima ha dato a questi quadri un posizionamento reale e concreto nel mondo, rimane ancora lo stesso Raymond Carver a dar loro la forza e la grazia per rappresentare l’America minore che così tanto somiglia alla nostra vita e così tanto ne è distante.

Grazie per avermi seguita fin qui anche oggi. Condividere questa pagina ha avuto per me un significato profondo. Questa newsletter è arrivata un po’ in ritardo rispetto al solito: tra compleanni, spostamenti aerei e vari assestamenti il tempo adatto (e protetto) per scriverla non sembrava arrivare mai. Ho da poco visitato Yakima con un gruppo (molto bello) di Book Riders ed è stata una delle giornate più intense del nostro viaggio: non volevo togliere neanche un grado di questa intensità a questo racconto.

Ci risentiamo l’ultima domenica di maggio.. se non prima!

PS: più giù c’è qualche notizia riguardante i prossimi tour estivi e autunnali. Sai dove sono adesso, vero?


Carver Country, il libro con le fotografie di Bob Adelman e gli estratti degli scritti di Raymond Carver lo puoi trovare qui (è un link affiliato e non è Amazon).


Questa estate ripartiamo! I tour dei Book Riders di agosto nel LitPNW e nel Rockin’ Jersey sono sold out ma per la prima edizione della NYFactory rimangono ancora 4 posti. Siccome questo è un progetto nuovo, gli ho dedicato alcuni approfondimenti sulla mia pagina Instagram: li trovi nel cerchiolino del mio profilo che si chiama proprio NYFactory. Le iscrizioni chiudono tra qualche giorno (il 30 aprile), non aspettare oltre!

Se mi segui su Instagram, avrai già visto dove sono in questo momento: mi trovo in Colorado con la mia amica e socia Valeria Sesia per un viaggio di esplorazione e ricerca. Dal quale nascerà di sicuro il nuovo tour dei Book Riders (previsto per l’autunno) e, chissà, magari anche qualcos’altro!

A proposito: ora ti lascio e vado verso le montagne, l’America on the road mi aspetta. A presto!

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La newsletter quindicinale di Marta Ciccolari Micaldi, aka La McMusa.