Nella scorsa puntata di questa newsletter ti raccontavo come è cambiata Portland, la città più famosa e popolosa dell’Oregon, negli ultimi anni: da orgoglioso avamposto della weirdness dell’intero paese, è purtroppo diventata uno dei tanti esempi di distribuzione ineguale della ricchezza e conseguente teatro di uno dei fenomeni più caratteristici della contemporaneità americana. L’aumento vertiginoso delle persone senzatetto. In quella stessa newsletter, a un certo punto, se ricordi scrivevo così:
Fino a una decina di anni fa, prima che Austin, la capitale del Texas, glielo rubasse, il motto della città era KEEP PORTLAND WEIRD, ovvero mantieni la città strana, bizzarra, fuori dagli schemi. Era un invito scritto a caratteri cubitali sui muri dei palazzi in centro, nei locali, nelle caffetterie, sulle ciambelle del negozio di ciambelle più rosa della città e poi dell’intero paese (Voodoo Doughnut è una vera istituzione, meriterebbe una newsletter solo per sé sia perché fa delle ciambelle deliziose sia perché la sua espansione traccia una specie di mappa di tanti dei cambiamenti che stanno investendo gli Stati Uniti in questi ultimi anni).
Invece di aspettare il prossimo viaggio a Portland, dunque, ho deciso che la newsletter dedicata alle ciambelle più rosa d’America sarà questa: spero che tu la stia leggendo o ascoltando a colazione, anche se la verità è che le ciambelle di Voodoo Doughnut vanno bene sempre, a qualsiasi ora del giorno e soprattutto della notte. Prima di cominciare ad assaggiarle, però, rispondo subito alla domanda che immagino tu ti stia ponendo: perché in una newsletter dedicata ai sogni americani stiamo parlando di ciambelle?
La risposta è semplice: perché queste specifiche ciambelle costituiscono una storia americana esemplare e perché seguendole possiamo conoscere uno spaccato degli Stati Uniti piuttosto peculiare. Cominciamo allora: tutto inizia da un’idea di questi due ragazzi.

Kenneth “Cat Daddy” Pogson e Tres Shannon, due residenti di Portland nonché facce piuttosto note della scena underground della città, aprirono il loro primo negozio nel 2003 e scelsero di farlo in un angolo della Old Town - il centro storico - già allora caratterizzato dalla presenza di night club, qualche homeless e una carenza pressoché totale di concorrenza. Quello che i due ragazzi avevano notato, infatti, era l’assenza nella loro città, Portland, di un posto che vendesse ciambelle non industriali, non di catena, caserecce. Aprirono quindi la loro sede con lo stesso spirito con cui negli anni Novanta avevano gestito l’X-Ray, una venue musicale decisamente alternativa e frequentata della loro città: proporsi come un simbolo evidente della controcultura.
Affinché questo proposito si concretizzasse e fosse subito evidente al pubblico, usarono degli ingredienti (e lo scrivo in modo abbastanza letterale) molto peculiari:
uno slogan piuttosto provocatorio e decisamente catchy, The Magic is in the Hole, la magia sta nel buco;
un nome che richiama appunto un rito di magia nera e un logo che riproduce il fautore, verosimilmente, di tale magia: il Baron Samedi, divinità vudù e traghettatore di morti, spesso raffigurato con un cilindro bianco, un abito scuro, occhiali o occhi altrettanto scuri. Il nostro non fa eccezione;
un colore per le scatole delle consegne: il rosa acceso, tant’è che su tali scatole campeggia un’altra scritta accattivante, good things come in pink boxes (le cose buone arrivano in scatole rosa);
infine la cosa più importante di tutte: gli ingredienti, la forma e i nomi delle ciambelle. Questi ultimi vanno da Voodoo Doll a the Dirt Doughnut a the Old Dirty Bastard, fino ad arrivare a the Cock-N-Balls, di cui ti lascio immaginare facilmente la forma e il cremoso contenuto (ma di cui puoi comunque apprezzare la realizzazione qui). Non solo questa, tuttavia, presenta un aspetto a dir poco particolare: tutte le ciambelle di Voodoo Doughnut cominciano a farti divertire già solo quando le guardi. Lavorare sul loro aspetto estetico e sulla combinazione di ingredienti improbabili era peraltro uno dei principali obiettivi dei fondatori. Obiettivo raggiunto talmente bene che dopo appena qualche anno di attività il Dipartimento di Salute di Portland li obbligò a ritirare dalla vendita delle ciambelle che contenevano medicinali da banco!
Tra le specialità della casa spicca quella che vedi in basso a destra e che ha la forma di un panino da hot dog: si chiama Bacon Maple Bar ed è farcito, come avrai già notato, da pancetta arrostita e una glassa di succo d’acero. E se pensi che questo accostamento sia piuttosto strano hai ragione, ma non è certo il solo: guarda il resto del menù!
Dopo questa gustosa carrellata di curiosità e dettagli di marketing, non ti sarà difficile immaginare che un’impresa del genere in una città alternativa e in cerca di segni particolari com’era Portland a metà degli anni Duemila ebbe un successo incredibile: nel giro di qualche mese a questa prima sede se ne affiancò un’altra, strategicamente aperta solo nelle ore notturne e poi definitivamente inaugurata full time a giugno 2008; di fronte alla sede storica cominciò a crearsi una coda costante e infinita, che i gestori pensarono bene di contenere con transenne rosa come le scatole; giornali e televisioni di tutti gli Stati Uniti cominciarono ad arrivare per raccontare al paese che gusto e che forma avessero queste ciambelle trasgressive e deliziose che venivano prodotte a quelli che allora sembravano i confini occidentali della civiltà. Quando infine Kenneth “Cat Daddy” Pogson e Tres Shannon decisero di aggiungere ai servizi di Voodoo Doughnut anche la possibilità di officiare all’interno dei loro negozi matrimoni legalmente riconosciuti, il marchio divenne una vera e propria attrazione turistica nonché un brand pronto per essere esportato altrove.
E così accadde: grazie a uno storytelling potentissimo e curatissimo, che aveva accostato alla stranezza di Portland quella delle ciambelle, Voodoo Doughnut iniziò ad approdare in tutte quelle città o quartieri o zone degli Stati Uniti dove una storia del genere poteva non solo attecchire, non solo essere capita ma anche essere apprezzata, nutrita e ovviamente finanziata. Austin, appunto, e altre cittadine alternative del Texas furono tra le prime ad aprire nuovi battenti rigorosamente rosa, poi Los Angeles e Orlando nei loro parchi a tema, da pochissimo Denver in uno dei suoi quartieri più alternativi e prossimamente San Antonio, città in fervente cambiamento.
Se è vero, però, che in ognuno di questi luoghi il brand acquisisce declinazioni e prelibatezze specifiche è altrettanto vero che questo genere di espansione ha fatto perdere all’impresa di Portland quell’impronta smaccatamente trasgressiva e weird dei primi tempi e l’ha resa sempre più stilizzata, con tanto di merchandising di ogni tipo (magliette, tazze, borracce, spille e cappellini) e un esacerbato sfruttamento dei valori originari che sembra sempre più simile a uno svuotamento. Tuttavia, le conseguenze di tale processo sono per noi interessantissime. Seguire le ciambelle di Voodoo Doughnut ci permette infatti di essere testimoni di un cambiamento, quello che sta portando certe zone alternative del paese a crescere in modo sempre più conforme e ad acquisire simboli e brand che raccontano la stessa storia ovunque: dall’arrivo di un Voodoo Doughnut in quella zona in virtù della sua weirdness quanto tempo ci vorrà prima che tale weirdness si spenga del tutto? Staremo a vedere. A Portland, come ti raccontavo, è già successo da un pezzo ed è un peccato, anche se le ciambelle continuano ad essere deliziose.
Grazie per avermi seguita fin qui oggi, ci sentiamo tra un paio di settimane!
Ma ora te la offro anche io qualche prelibatezza 🍩
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