Ogni quattro anni, quando si vota per le elezioni presidenziali americane, il mondo si accorge bruscamente del fatto che quella che chiamiamo “America” in realtà non esiste.
O meglio: ne esistono 50. 50 Stati che devono diventare Uniti.
50 storie diverse che, solo se sommate tutte insieme, fanno l’America che conosciamo, amiamo, sogniamo o, magari, detestiamo.
Comincia così una nuova newsletter e con lei una nuova storia, la prima che ti racconto oggi: a partire da domani, domenica 26 novembre 2023, e fino a domenica 3 novembre 2024, quando mancheranno ormai solo due giorni all’elezione del prossimo presidente degli Stati Uniti, io e la mia stimata collega Luciana Grosso cureremo una newsletter chiamata States. In questo viaggio lungo un anno proveremo a raccontarti, uno alla volta, ognuno dei 50 Stati americani: piccoli grandi mondi, ognuno con le proprie speranze, le proprie paure, le proprie storie, i propri sogni e naturalmente i propri problemi.
Di ogni Stato Luciana racconterà la politica, io la cultura. Lo faremo ogni settimana, uno stato alla volta, dalla Florida all’Alaska, da New York al Wyoming. E così attraverseremo l’America fino al giorno in cui, il prossimo 5 novembre 2024, ci saranno le elezioni presidenziali e, come ogni quattro anni, le 50 storie dei 50 Stati proveranno a diventare una sola storia: la storia degli Stati Uniti d’America.
Per ricevere questa nuova newsletter e partire con noi per un viaggio che ti farà conoscere decisamente meglio il paese (e quindi anche commentare con più cognizione di causa sondaggi, aspettative, elettorato e risultati) puoi cliccare qui sotto e abbonarti: States è una newsletter a pagamento, perché intendiamo fare un lavoro serio, snello e puntuale che richiede studio, tempo e competenze. Non è poi molto quello che ti chiediamo, vedrai! Grazie ❤
La seconda storia di questa newsletter arriva invece da due di quei 50 Stati americani che andremo a conoscere meglio insieme nei prossimi mesi e dai quali io sono appena tornata dopo uno splendido viaggio: New Mexico e Arizona. O, meglio, torno da uno splendido viaggio in alcune zone del New Mexico e dell’Arizona (con un breve passaggio nello Utah) che doveva essere una vacanza ma che nel giro di appena qualche miglio è diventato ispirazione, studio, progettazione. È una cosa che non dovrebbe più stupirmi - il fatto di non riuscire a staccare la testa quando sono negli Stati Uniti - ma ti posso assicurare che in questo caso mi ha stupita se possibile ancora più di sempre: sono rimasta completamente folgorata.
Non tanto dall’Arizona, di cui ho visto magnificenze che già mi aspettavo, quanto dal New Mexico, che ho vissuto (con sorpresa, appunto) come lo stato giusto al momento giusto. Ti scrivevo due settimane fa, infatti, che la mia testa era stata molto impegnata nel cercare di trovare risposte a quello che oggi sta accadendo a Gaza e in generale nelle scelte molto discutibili dell’Occidente (dai governi ai giornali, dal baluardo della democrazia a quello della difesa), tanto impegnata - la mia testa - da non riuscire più a comunicare con l’esterno. Se il confine texano-messicano mi aveva offerto un corrispettivo interessante da comparare, il New Mexico ha messo davanti alle mie domande direttamente uno specchio, uno specchio perfetto e completo, fatto di elementi che sembrano raccontare la stessa storia ma nelle sue più radicate - e tristi - conseguenze.
Di questi elementi ne nomino alcuni, le riflessioni allo specchio le lascio a te: gli antichi pueblos di Taos e Acoma dove ancora oggi vive ciò che resta delle popolazioni native a cui fu rubata la terra più di 200 anni fa e dove i bianchi (inclusi noi) oggi possono entrare solo se pagano un biglietto e solo in certi orari, la bellezza dell’arte nativa (tantissima, varia e orgogliosa) e delle gallerie che la espongono e la esaltano a Santa Fe, l’eredità della bomba atomica a Los Alamos e la consapevolezza che gli unici a usare un’arma di distruzione di massa fino a oggi sono stati gli Stati Uniti, il legame tra vita e popolazioni indigene da un lato e tra morte e democrazie occupanti dall’altro (visibile nella già citata arte e poi nel rapporto con la natura, nel consumo di cibo e bevande, nello sviluppo della povertà e del razzismo, nelle ritualità politiche e spirituali) e infine la schiacciante forza delle narrazioni che godono di potere ma sono del tutto falsate (dal mito della Route 66 a quello dei classici film western, di cui restano tante icone e zero realtà).
Visitare il New Mexico, quindi, ha significato per me infilarmi nella storia normalmente sommersa dal potere e ricevere in cambio il peso della disuguaglianza che solo gli Stati Uniti sanno creare, il tutto sotto un cielo benedetto dagli elementi del deserto per me sempre amici: la terra ambrata, gli animali notturni, il vento lindo, la lontananza. Ci tornerò presto in New Mexico, perché con quel potere e con quel peso sento di avere ancora molto di cui discutere e a quella lontananza sento di essere in realtà molto vicina. E grata: mi fa sentire vicini anche gli altri deserti che oggi sanguinano.
Grazie per avermi seguita fin qui oggi, le due storie sono finite qui ma i viaggi no, quelli continuano qui sotto.
Appuntamenti dal vivo e online
Adesso che sono tornata in Italia ricominciano le presentazioni del mio libro Sparire qui (sarò a Torino, Parma, Napoli, Pistoia e altri posti che puoi tenere d’occhio da qui) e non solo: l’8 dicembre sarò a Roma per Più Libri Più Liberi a presentare il nuovo romanzo di Kali Fajardo-Anstine Donna di luce mentre il 10 dicembre sarò a Peccioli per A Natale libri per te a presentare il nuovo romanzo di Nana Kwame Adjei-Brenyah Catene di gloria. Se ti va e sei in zona, vieni… anche solo per vedere se riuscirò a pronunciare questi due nomi in modo corretto!
Se invece preferisci continuare a seguirmi online (o anche fare entrambe le cose), ti ricordo che:
le prime due settimane di novembre ho portato i Book Riders nel Wild Wild Texas e da El Paso ho registrato una nuova puntata di Miglia, il mio podcast di esplorazione e racconto on the road degli Stati Uniti. Si intitola Paris, Texas: forse questo titolo ti è familiare, ma secondo me il suo protagonista non ancora abbastanza;
la terza domenica di questo mese è uscita anche una nuova puntata di Mac&Cheese, la newsletter dedicata alla pop culture americana che in questi ultimi mesi si è arricchita di voci e penne diverse. Dopo Clara Ramazzotti, Chiara Beretta, Francesco Costa e Fabio Germani, a novembre è stato il turno di una giornalista molto giovane, classe 2002, Carla Mascianà: lei ci ha portato a conoscere lo sguardo della GenZ americana sulla società contemporanea;
lunedì 27 novembre, infine, si riunisce LIT - il boocklub della McMusa per parlare di Palestina, la rivoluzionaria graphic novel di Joe Sacco di cui ti ho parlato qualche newsletter fa. Se lo desideri puoi unirti iscrivendoti qui: se non hai letto il libro puoi comunque partecipare e ascoltare il dibattito!
Tutti questi contenuti, come sai, sono in abbonamento, così come lo è la nuova newsletter States. So che può sembrarti una scelta onerosa, ma cerca di vederla, invece, come un’occasione per diversificare e scegliere in modo attivo e consapevole il giornalismo a cui ti affidi. Ti chiedo una cosa, infatti: sei del tutto soddisfatto o soddisfatta delle testate che segui e sostieni oggi? Io purtroppo no. Ed è per questo motivo che intendo offrirti una degna - seppur parziale e misurata - alternativa: è una delle poche cose che posso fare nel concreto in questo momento.
Con Sogni Americani (che è e rimarrà per sempre gratis, by the way) ci sentiamo tra due sabati oppure prima se deciderai di sostenermi altrove. Ciao!